Qui e ora – Il Secolo XIX 9 marzo 2013
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- Data di creazione 27 Marzo 2017
- Ultimo aggiornamento 2 Aprile 2017
Qui e ora - Il Secolo XIX 9 marzo 2013
Il Secolo XIX - 9 marzo 2013
Qui e Ora giovedì al genovese
Sulle barricate con Mastandrea
L'attore "la cultura deve cambiare. Come? Tornate a teatro, è un atto politico".
La politica è cambiata. ora tocca alla cultura. Anche perché, secondo Valerio Mastandrea, attore romano, 41 anni, "andare a teatro o al cinema è un atto politico".
Per chi sta sotto i riflettori, come per il pubblico. E su questa convinzione l'artista, che sarà al Politeama Genovese giovedì con "Qui e ora", insieme a Valerio Aprea, ha plasmato ogni scelta di una carriera che non sbaglia un colpo e che oggi lo vede, con una media di tre film all'anno e all'attivo titoli come "Romanzo di una strage", "Gli equilibristi" e "La prima cosa bella" di Paolo Virzì che gli vale il David di Donatello nel 2010 come attore protagonista, tra gli artisti più corteggiati della sua generazione. Ma non chiamatelo attore impegnato, per carità. "Sono semplicemente un cittadino impegnato" spiega Mastandrea " e con questo lavoro cerco di dare il mio contributo, di far riflettere sui problemi del nostro Paese. Anche perché oggi la politica si fa così, dal basso. La gente vuole un rinnovamento vero e lo sta dimostrando, i vecchi sistemi, fatti di strategie, non funzionano più". Vero, le persone escono nelle piazze, ma stentano ancora a entrare in un teatro e anche i cinema non se la passano certo meglio.
"Dobbiamo arrivare anche a questo: riportare gli spettatori in sala, di fronte a spettacoli che servano da stimolo, che coinvolgano, che facciano pensare. Certe espressioni artistiche ormai sono etichettate come cultura d'élite, solo per pochi e non per il grande pubblico. Così i cinema chiudono".
Nulla contro la tv, ovviamente, ma certo stare passivamente davanti al teleschermo non ha lo stesso significato. "La televisione è un'altra cosa" prosegue l'artista "è più rassicurante, mi riferisco soprattutto a quella generalista, il suo compito è dare certezze. Non potrà mai svolgere lo stesso ruolo, a volte anche provocatorio, del cinema o del teatro". beh, non proprio tutto il cinema però.
"Guardi, io non sono contrario di principio ai film commerciali, anche i cinepanettoni vanno bene, basta che riportino la gente al cinema" dice Mastandrea che ha anche creato a Roma una scuola di cinema gratuita intitolata a Gian Maria Volontè "ma a patto che poi le persone tornino anche per vedere altro". Insomma, per cambiare le cose bisogna uscire di casa, incontrarsi, confrontarsi. Anche uno scontro va bene, certo, come precisa l'attore "purché sia costruttivo". E quello al centro dello spettacolo "Qui e ora" che vede due uomini diversissimi entrare in collisione, in seguito a un incidente stradale, di che tipo è?
"È uno scontro tra due persone che hanno un'identità sociale molto diversa; l'idea è quella di metterle in una situazione al limite, in un'ipotetica strada periferica romana, in attesa dei soccorsi, e vedere cosa succede: quale aspetto prende il sopravvento, se la solidarietà o l'istinto di sopraffazione, di distruzione. Ed è uno spaccato della cultura occidentale contemporanea, anzi soprattutto dell'Italia. Ma con una forte vena comica, c'è un umorismo sottile e tagliente che percorre tutto lo spettacolo". Non possiamo certo svelare il finale, ma che ritratto del Paese esce fuori?
"Quello che posso dire è che affiora un atteggiamento purtroppo molto italiano, cioè prevale l'individualismo più sfrenato. Perché è questo l'esempio dominante a ogni livello, alla tv ma anche più in alto". I due personaggi, un professionista in carriera, sicuro e aggressivo, e un poveraccio disoccupato e mammone, sono entrambi sulla quarantina.
Potrebbe sembrare un addebitao di responsabilità a una generazione che, forse, on ha fatto abbastanza per cambiare le cose. Accusa prontamente respinta dall'attore: "io questa responsabilità non la sento proprio. La mia generazione ha vissuto profonde trasformazioni sociali, noi quarantenni di oggi siamo stati giovani nelle strade, nelle piazze, nei bar e adesso ci ritroviamo sui social network. Il vero problema è che sono vent'anni che votiamo contro qualcuno e non perché crediamo in qualcuno. Ci limitiamo a difenderci. Ma, come dicevo, le cose stanno cambiando".
Emanuela Schenone